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EMOZIONI AUTENTICHE VS EMOZIONI PARASSITE

 

Le emozioni reggono la nostra vita, sono parte integrante della nostra giornata, dei nostri momenti più belli, ma anche dei nostri momenti più brutti.
Non provarle è impossibile, così com’è impossibile non trasmetterle a chi è intorno a noi, infatti, la parola emozione deriva dal latino “emovère” che significa letteralmente “trasportare fuori”.
La gioia, la tristezza, la rabbia, la paura, la sorpresa, sono le emozioni che ci accomunano gli uno con gli altri, tutti le proviamo, nessuno escluso, ma ognuno le gestisce in modo diverso e soprattutto le comunica in modo differente.

Essere autentici non è facile e condividere emozioni autentiche, lo è ancora di più, ma andiamo con ordine.
Prima di parlare e scoprire insieme la bellezza delle emozioni autentiche dobbiamo capire come e quando ci troviamo di fronte a delle emozioni parassite.

L’ANTAGONISTA DELLE EMOZIONI AUTENTICHE: LE EMOZIONI PARASSITE

Sono definite parassite quelle emozioni “familiari apprese e incoraggiate nell’infanzia, vissute in diverse situazioni di stress e inadatte quale mezzo di risoluzione dei problemi.”

Sono, dunque, quelle emozioni che fin da bambini abbiamo appreso in contesti familiari o sociali, quali ad esempio la prima scuola dell’infanzia che, però, risultano controproducenti per la nostra crescita.
Le emozioni non sono degli stati d’animo ma strumenti che, talvolta, ci permettono di raggiungere funzionalmente uno scopo.

Fin da piccoli ci hanno insegnato come comportarci per diventare degli adulti maturi e responsabili, ma in questo processo difficilmente ci hanno detto che tutte le emozioni hanno il diritto di essere vissute, che provarle è normale e che affrontarle è ancora meglio.

Anzi, spesso ci hanno detto che non bisogna piangere in pubblico e che provare paura non è positivo.

I genitori, in buona fede, hanno indotto i figli a reprimere le loro emozioni attraverso queste associazioni dell’emozione ad una specifica situazione e questo, inevitabilmente si è riversato sui famosi adulti del domani, mentre i bambini di ieri hanno avuto tutto il tempo, il modo e lo spazio per provare sulla pelle la bellezza delle emozioni autentiche.

Facciamo un esempio: se sono in una foresta da solo e sento un rumore molesto che mi i incute timore, il mio cervello recepirà quella paura e preparerà il corpo a scappare, così com’è giusto che sia.
Questa paura è un’emozione autentica, produttiva e funzionale ad uno scopo: salvarci la vita.

Al contrario, se quella paura che proviamo mi blocca e piuttosto che scappare mi pietrifico di fronte a quel rumore, è evidente che questa emozione è disfunzionale ed è molto probabile che se ci fosse un orso dietro ad un cespuglio, mi avrebbe sicuramente mangiato!

L’esempio è un’esagerazione, ma sicuramente può rendere il concetto: le emozioni devono salvarci e non paralizzarci.
Le emozioni parassite, ci bloccano, ci impediscono di avanzare nella nostra vita a causa della percezione sbagliata che abbiamo delle stesse.

Ancora, può accadere che come forma di difesa, sostituiamo l’emozione autentica della tristezza con quella parassita della rabbia perchè così siamo protetti dall’esterno.
Un’emozione parassita non risolve i problemi, ma li crea.
Alterando la percezione dall’interno, l’esterno ci sembrerà sempre un posto oscuro e poco comprensibile.
Ancora peggio, non ci permetterà di vivere rapporti autentici, fondati su emozioni autentiche.
Il contesto sociale dove viviamo ci ha formato e per divincolarci da esso ci vuole impegno e forza di volontà.

LE EMOZIONI AUTENTICHE PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE

Il discorso sulle emozioni autentiche e parassite è un excursus doveroso per comprendere quanto queste influenzano la nostra vita e i nostri rapporti sociali.
Ma prima di tutto, vi chiedo: secondo voi essere portatori di emozioni autentiche è un pregio o un difetto?

Chiarisco subito che fino a una quindicina di anni fa vi avrei detto subito che è un difetto.
Tra gli sguardi straniti di chi di fronte ad un comportamento spontaneo e sincero lo ritiene poco consono alla situazione e tra gli sguardi di chi, invece, pensa tra sè e sè, “ma questa ci è o ci fa?”, l’approccio ad una comunicazione autentica, risulta difficile, se non impossibile.

Dopo questo lungo periodo in cui ho pensato che fosse un difetto, la mia vita ha preso una piega che mi ha portato non solo a ritenerlo un pregio, bensì il più grande punto di forza di una persona.

Ciò che lo rende tale è l’efficacia nel migliorare i rapporti, siano essi interpersonali che professionali: riuscire a trovare la sintonia tra ciò che proviamo e ciò che effettivamente comunichiamo dà vita a rapporti solidi e duraturi.

La nostra immagine, agli occhi degli altri, risulterà assolutamente più credibile a discapito di chi, dietro ad un discorso o ad un semplice, comportamento lascia trapelare un’emozione parassita.

Per (ri)scoprire la bellezza di una comunicazione autentica, dobbiamo tirare fuori il bambino che è in noi: il fanciullo ingenuo, spontaneo e privo di barriere sociali che gli impediscono di essere ciò che è realmente e ricominciare a far combaciare il proprio sé “autentico” con il proprio sé “parassita”.

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